Corale parrocchiale

DIECI PUNTI PER CANTARE BENE (E SENZA ERRORI)
Intervista a mons. Marco Frisina, 28 novembre 2018

  1. Il coro accompagna
    «Il coro è una realtà ben presente nelle parrocchie italiane. Ma può cadere in alcune tentazioni che ne offuscano l’efficacia». La parola chiave è: “accompagnare”. «Il coro è non un elemento estraneo all’assemblea. Quindi fa parte del popolo di Dio che vive la celebrazione. Il suo compito è di accompagnare la comunità nella lode di Dio attraverso il canto. Ma deve essere anche accompagnato dalla comunità stessa. Perché è a servizio di essa e non può essere autorefenziale».
  2. La Messa non è un concerto
    Il canto liturgico non è «un’esibizione». E nel rito «va evitato l’“effetto concerto”». Perché «la liturgia non è spettacolo ma verità. E se il coro è chiamato a dare il meglio di sé, tutto deve avvenire secondo uno spirito di servizio».
  3. Attenzione ai canti
    I canti vanno scelti tenendo conto della pertinenza liturgica dei brani. «Un canto di Quaresima è diverso da uno pasquale. Quelli di Avvento non sono equiparabili a quelli del tempo di Natale». Da qui il consiglio. «Il Messale e la Liturgia delle Ore indicano quali contenuti devono avere i brani o a che cosa si devono ispirare. La questione della scelta adeguata è essenziale perché il canto deve muovere alla preghiera all’interno di un rito».
     
  4. Brani non astrusi e con riferimenti spirituali
    Si suggerisce di privilegiare «melodie non troppo astruse e complicate ma facili da apprendere da parte dell’assemblea. Sono da preferire canti con un testo di qualità, possibilmente nutriti di Bibbia e di riferimenti agli scritti dei padri della Chiesa o alle preghiere dei santi».
  5. Spazio al gregoriano
    Attingere al patrimonio musicale del passato è auspicabile. In particolare al gregoriano che «va indubbiamente utilizzato anche se secondo le possibilità della comunità che lo esegue, in quanto non è sempre facile». Certo, il gregoriano «resta il modello e ci mostra come deve essere un canto liturgico, a partire dal legame con la Parola».
  6. Chitarra sì o no?
    La chitarra è «uno strumento leggero e delicato che difficilmente riesce a inserirsi in una celebrazione numerosa dove è presente un coro ampio. In questo caso occorre un sostegno armonico più solido, vale a dire l’organo». Comunque, «in una piccola comunità dove l’organo non è presente la chitarra, può essere un sussidio ma legato alle necessità». E serve saperla suonare. «Non va impiegata come si fa nella musica pop. Perché la chitarra è uno strumento a pizzico e non a percussione».
  7. Niente canti registrati
    Quando non c’è il coro e quando un’assemblea fa fatica a cantare, meglio il silenzio rispetto ai canti registrati. «Il canto registrato è un falso. È di plastica, come i fiori artificiali. Il canto liturgico è espressione di un popolo vero; pertanto non può essere costruito».
  8. Nei matrimoni troppe licenze
    Musiche da film, brani di un cantautore, colonne sonore entrano nei matrimoni. Ma non va. «Questo è frutto di ignoranza e della superficialità degli sposi che non hanno chiaro il senso liturgico del sacramento che celebrano».
  9. Prepararsi bene
    Ogni celebrazione «richiede sempre un’adeguata preparazione anche se i canti sono conosciuti ed eseguiti in precedenti occasioni».
  10. Insegnare a cantare
    «La musica sacra apre al mistero. Tocca il cuore, avvicina i lontani, non ha bisogno di traduzioni. Essa unisce ed eleva: ecco il suo potere straordinario. Allora dovremmo imparare e insegnare a cantare. Perché oggi si canta poco nelle nostre chiese e le assemblee non sono abituate a esprimersi con il canto».